Chi non ha mai fantasticato di essere l’unico essere umano rimasto sulla Terra? Cosa faresti, come reagiresti? Come ti sentiresti? Guido Morselli nel 1973 provò a drammatizzare questa situazione scrivendo Dissipatio H. G. ovvero l‘evaporazione del genere umano, nientedimeno.
Questo romanzo potrebbe essere inserito nel genere fantascientifico, apocalittico, filosofico, o forse meglio non inserirlo in nessuna categoria, è un ammasso intellettuale di detriti galleggianti. Le circostanze in cui questo romanzo venne scritto sono abbastanza emblematiche, questo perché Morselli si suicidò pochi mesi dopo la stesura (Dissipatio fu pubblicato postumo nel ’77) e in apertura del libro noi troviamo il protagonista che, spinto da una certa repulsione verso il resto del genere umano, ha deciso di porre fine alla propria vita annegandosi in uno strano laghetto in fondo a una caverna, in montagna. Desiste però dal suo intento, il suo corpo sembra non rispondere al suo volere, e decide quindi di lasciare perdere e tornare nella civiltà senonché ad aspettarlo trova solo un mucchio di macchine fantasma, scrivanie senza personale, beni abbandonati. Il giorno dopo si sveglia per capire che intorno a lui non ci sono più essere umani, ma nessuna prova a dimostrarlo, nessun cadavere, come se questi si fossero dispersi nell’aria, solo oggetti abbandonati che in questa solitudine estrema perdono la loro connotazione originale per assumere nuovi significati, come all’interno di un quadro di De Chirico, affascinante e inquietante al tempo stesso.

Tra il suicido e il continuare a vivere non sembra esserci una terza opzione, ebbene Dissipatio H.G. è l’esplorazione di questa non-possibilità. Il protagonista si muove in spazi d’invenzione, ma che sembrano richiamare la Svizzera e dintorni, e vive in una tenuta isolata in una valle di montagna molto simile alla cascina reale dell’autore a Gavirate, ai piedi delle Alpi nel nord della Lombardia (l’autobiografismo nella sua opera è un elemento sempre presente). Se l’avversione verso gli uomini aveva guidato la decisione del protagonista di mettere fine alla propria vita, ora si ritrova effettivamente e completamente solo e si muove in questa terra desolata riempita solo da un silenzio surreale, una sorta di macabro reminder stai attento a quello che desideri. La sopravvivenza in una realtà del genere si rivela straziante, e il protagonista visita aeroporti, hotel, fa chiamate a numeri fantasma e da nessuna parte riesce a trovare anche solo un indizio di quello che è successo e non sa se considerarsi il fortunato eletto oppure se questo possa essere di fatto il risultato del contemplato suicidio. Nessuno è lì per dargli la risposta.
Rileggere un libro come Dissipatio in questi giorni, dopo quello che abbiamo vissuto con il Covid negli ultimi due anni, fa riflettere. Gli spazi deprivati della presenza umana, gli oggetti che assumono una concretezza metafisica, ma non solo, anche la natura che torna a vivere, che si riappropria di ciò che le era stato tolto. Quei mesi di lockdown che abbiamo vissuto sono serviti a diminuire l’inquinamento, alcuni animali si sono ripresi spazi perduti e noi in generale abbiamo iniziato ad apprezzare di più il contatto con la natura. Durato tutto troppo poco, ma anche in Dissipatio si pone l’enfasi su questo aspetto. In assenza di rumore e inquinamento ambientale, gli animali cominciano a popolare gli ex spazi umani, il canto degli uccelli diventa più forte e una certa pace generale prende il sopravvento, la società com’era sembra solo una vecchia, cattiva abitudine.
Insieme a tutto il resto, forse che Morselli fu anche uno scrittore ecologista ante litteram? Forse. Quel che è certo è che un libro del genere può essere letto sotto tanti punti di vista, compreso quello di una evidente nota di suicidio da parte dell’autore, ma non può esimerci dal ripensare alle nostre relazioni con gli altri, a come viviamo nel mondo e come questo potrebbe essere diverso.
Un lungo panico, in principio. E poi, ma tramontata subito, incredulità, e poi di nuovo paura. Adesso l’adattamento. Rassegnazione? Direi proprio accettazione. Con intervalli di proterva ilarità, e di feroce sollievo.
IL PIATTO DEL LIBRO: quando ci si ritrova di fronte a libri di questo calibro, sarebbe davvero magico avere l’autore a tua disposizione per chiedergli, ma cosa avevi in mente quando hai pensato a questo romanzo? Qual è stata la spinta iniziale? Chiaramente non è possibile, quindi si lascia lo spazio alla propria interpretazione. Ci sono delle situazioni, soprattutto quando sono in città e mi trovo imbottigliata nel traffico o cammino per le vie del centro così stracolme di gente, in cui tutto quello che vorrei in quei momenti è un gigantesco buco nero che risucchi tutto l’eccesso che sta su questo pianeta e restituisca il verde, la pace e la solitudine. È questo lo spunto che mi ha portato a creare il piatto che vedete qui sotto, vellutata di lenticchie nere con fiammiferi di foglie di porro.
INGREDIENTI PER 2 PERSONE:
- 200 g di lenticchie nere
- 1 pezzo di porro (gambo bianco)
- foglie di porro tagliate a listarelle q.b.
- 50 g di carota tritata
- 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
- 1 pizzico di cannella
- 1 pizzico di noce moscata
- acqua calda, 3-4 bicchieri
- olio evo q.b.
- sale e pepe
Mettere a mollo le lenticchie per un’ora.
In una pentola capiente mettere a soffriggere la carota e il porro con due cucchiai d’olio, dopo qualche minuto aggiungere anche il concentrato di pomodoro (se la verdura rischia di bruciarsi aggiungere un goccio d’acqua). A quel punto, scolare le lenticchie e metterle nella pentola, mescolare bene e aggiungere la cannella e la noce moscata. Versare l’acqua, portare a bollore e abbassare poi la fiamma coprendo con un coperchio. Cuocere finché le lenticchie si saranno ammorbidite, ci vorranno circa 40 minuti, arrivati verso fine cottura salate e a seconda della densità che volete ottenere potete aggiungere altra acqua oppure cuocere a fiamma più alta per addensare ulteriormente i liquidi.
Togliere dal fuoco e passare tutto con il minipimmer per ottenere la crema. Io l’ho guarnita con alcune foglie di porro tagliate a listarelle e fatte friggere nell’olio.
CITAZIONE DAL LIBRO:
A mattina appena fatta, cerco la mia utilitaria, stavolta non ho inibizioni, e la ritrovo, con più una sorpresa che mi pare lieto auspicio: uno stambecco piccino steso fra le ruote, addormentato al riparo della pioggia. La madre, e altri adulti, quattro o cinque, pascolano da presso, sul prato del Kursaal. Non avevo mai incontrato un gruppo così folto di queste bestie, nemmeno in alta montagna. A Klaus, dove la mia valle termina nella pianura, costeggio uno stabilimento. Sulla cinta una scritta cubitale: I nostri detersivi sono biodegradabili al 93%. – Nel frattempo, fabbricanti e clienti sono stati biodegradati al 100%. Gli stambecchi se ne accorgono e ne approfittano.