ESPOSTE AL VENTO di ANNABEL ABBS

Se il nostro istinto, che ci lega alla terra, che ci lega alla parte animale che ancora sopravvive in noi, ogni tanto – a me a dir la verità capita molto spesso, altro che ogni tanto – ci spinge alla ricerca di luoghi sperduti e incontaminati che siano le Lofoten o dei boschi altissimi del Giappone del nord, forse qualcosa vorrà dire.

Reprimere certe inclinazioni istintive sembra diventato lo sport principale della nostra vita e l’impossibilità di potere rispondere positivamente a queste inclinazioni ne è il principale e crudele leitmotiv. Perché per quanto io possa avere il bisogno, in un determinato momento della mia vita, di dedicare qualche settimana a me stessa, staccarmi dalle persone, vivere secondo i ritmi della natura, camminare nei boschi tutto il giorno senza niente da fare, vivere con niente o quasi, diventare un selvaggio, io non lo posso fare e dovrò invece continuare a vivere secondo ritmi artificiali e svegliarmi presto la mattina, fare colazione di fretta, costringermi a vestirmi, a mettermi nel traffico e andare al lavoro a passare minimo 8h della mia giornata condensando nei due giorni liberi del weekend tutto quello che non sono riuscita a fare negli altri e così via, tutti i santi giorni, per citare un film di Virzì.

Questo preambolo per dire che sì, mi è piaciuto e ho apprezzato sotto certi aspetti questo libro che ho appena finito di leggere, ma mi ha fatto anche arrabbiare perché è scritto dal punto di vista di una che qualche privilegio in più ce l’ha, perché pur condividendo determinate riflessioni e posizioni che l’autrice e le donne di cui racconta sposano, non posso per lo più farle mie, perché per farlo dovrei vivere su un altro pianeta di un’altra galassia in un altro spazio-tempo, dove abbiano congegnato un modo di vivere più “divertente” di quello in cui viviamo adesso anche per persone che non siano ricche e avvantaggiate. Invece io ho bisogno di uno stipendio.

Chiusa questa parentesi che attiene al reale – che sentivo doverosa – questo libro parla di Frieda von Richthofen, Gwen John, Clara Vyvian, Daphne Du Maurier, Nan Shepherd, Simone De Beauvoir e Georgia O’Keeffe, sette donne – di cui io conoscevo solo le ultime due – accomunate dalla passione del cammino.

Il tema centrale di Esposte al vento sono proprio le gambe, i chilometri percorsi, la fatica e l’appagamento, tuttavia l’idea e l’azione del camminare assumono in questo libro una connotazione ben specifica perché si tratta di un cammino fatto da donne, con tutto ciò che questo comporta.

Non è una novità che le donne da sempre abbiano dovuto a fatica ritagliarsi la propria indipendenza in un mondo dominato dagli uomini, ma è interessante vedere declinato il tema in quest’ottica. 

Camminare nella natura – termine tanto astratto quanto concreto – rinvigorisce, sono ormai tanti gli studi che ne hanno dimostrato scientificamente gli effetti benefici: quando camminiamo in montagna il sangue viene pompato verso l’alto, il nostro cervello inizia a produrre una serie di neuroni in grado di aiutarci a gestire meglio lo stress e il cambiamento e la vista panoramica a cui siamo esposti ci pone in un mindset completamente diverso rispetto a quello a cui siamo abituati di solito focalizzato verso un piccolo schermo:

Quando camminiamo, senza beni materiali e in un ambiente diverso dal nostro, subentra uno strano senso di autonomia, di indipendenza. Al tempo stesso, avvertiamo un legame intimo con la terra perché non c’è niente a separarci da essa. Solo uno strato di indumenti e la suola degli scarponi. Sentirci simultaneamente legati e svincolati cambia il nostro modo di percepire il mondo e suscita in noi un moto ribelle di coraggio e ottimismo, l’impressione che tutto andrà bene. In parallelo, osserviamo il mondo non attraverso il rigido sguardo focale utilizzato per la lettura o per lavorare davanti a un monitor, ma con la vista che spazia in lungo e in largo, assimilando per intero il panorama che si spiega davanti a noi. I neuroscienziati la definiscono “vista panoramica”. La loro ipotesi è che il nostro cervello funzioni in modo diverso quando ammiriamo vedute e orizzonti. Ci rilassiamo, siamo più bravi a processare e incamerare i ricordi, a gestire l’incertezza e l’ansia. […] Camminare ci sradica in maniera lenta e dolce. Abbiamo il tempo di acclimatarci, di adattarci, di riflettere.

Camminare permette una nuova riaffermazione di sé, ci pone nelle condizioni di riflettere con più acutezza e ci dà i mezzi per prendere decisioni in maniera più ragionata e coraggiosa.

Le donne di cui si parla in questo libro non volevano essere incasellate nella generica definizione di donne, non volevano comportarsi come gli altri, la società si aspettava che si comportassero, tutte quante in maniera diversa e attraverso diversi paesaggi non rinunciarono quasi mai nel corso della loro esistenza al piacere e al brivido che lunghe passeggiate in solitaria – spesso molto impegnative dal punto di vista fisico – dava loro. Chi abbandonò il marito e i figli per fuggire con l’amante attraverso le Alpi, chi percorreva innumerevoli chilometri al giorno tra crepacci e grandi altitudini in solitudine, chi si avventurava per le lande deserte del Texas in passeggiate di mezzanotte, in un modo o nell’altro tutte loro sfidarono lo stereotipo della donna angelo del focolare relegata in casa e si presero uno spazio che di solito era solo prerogativa maschile perché tra i grandi camminatori ricordati dalla storia di donne ce ne sono davvero poche. Prendiamo la stessa de Beauvoir, tra di loro una delle più note: ce la immaginiamo con un turbante in testa, accanto a Jean Paul Sartre, in un fumoso caffè parigino intenta a filosofeggiare, ma quanti sanno che fu anche un’instancabile e spesso spericolata camminatrice? Questo aspetto è sempre stato messo in secondo piano, se non taciuto.

Eppure camminare era parte del suo DNA, mettersi in marcia per queste donne non ha significato solo una momentanea liberazione da dolori o preoccupazioni, fu un modo di mettere alla prova i loro nervi, la loro determinazione, la loro capacità di restare da sole. Di creare un’altra dimensione che le vedeva come esseri totalmente inclusi nella natura, anziché disconnessi da essa come la vita quotidiana ci vuole.

Era questo che intendeva Shepherd quando scrisse delle sue camminate “fuori dal corpo e nella montagna”. Era questo che intendeva O’Keeffe quando disse di amare la terra “con la mia pelle”, e quando spiegava che quando dipingeva un albero diventava un albero. Era questo che intendeva Beauvoir affermando: “evaporavo nell’azzurro, non avevo più confini”.

Come accennato nella citazione sopra, il fatto di camminare in solitaria, con solo pochi beni addosso è legato a un’idea di libertà e sventatezza. È una gran cosa avere il permesso di vivere, scriveva Nan Shepherd, ma una volta che si prende questo coraggio, che ci si lascia cullare dall’ebbrezza di essere a tu per tu con il silenzio e il cielo stellato, è necessario affrontare anche un altro sentimento pervasivo: la paura.

“Voglio poter dormire in aperta campagna, viaggiare verso ovest, camminare liberamente di notte” scrisse una volta Sylvia Plath sul suo diario. Senza voler portare avanti un manicheismo troppo spinto nella rigida stereotipizzazione tra uomini e donne, è vero però che nella maggior parte di resoconti alpini scritti da uomini la paura non trova spazio, invece per le camminatrici protagoniste di questo libro vincere la paura fu una missione di tutta la vita. O’Keeffe per esempio era estremamente affascinata dal buio, ma aveva spesso la sensazione che la inseguisse “una cosa enorme, intangibile, soverchiante”, Gwen John nel suo itinerario lungo la Garonna si trovò spesso in condizioni scomode per cui dovette trovare il modo di aggirare le avance di uomini insistenti. E allora come possiamo godere appieno dei benefici dei benefici di un’escursione, della bellezza di una notte nella natura se siamo sempre lì a combattere con il terrore?

Nelle donne la notte ha sempre suscitato un misto tra tentazione e paura, l’autrice riporta un recente dibattito avvenuto su Twitter nel quale veniva chiesto alle donne cosa avrebbero preferito fare più di tutto se gli uomini fossero scomparsi per ventiquattro ore dalla terra e la risposta più frequente era camminare di notte, liberamente, da sole e senza paura.

Non mi ero mai posta un quesito del genere, tanto connaturato in me il pensiero legato al buon senso comune per cui non avrebbe senso uscire da sola in piena notte, che sia in città o in mezzo ai boschi, perché mi esporrei senza senso a tanti pericoli tra cui quello di possibili violenze da parte di uomini, ed è stato per cui un piccolo shock pensare a quanta parte della nostra libertà di espressione sia sacrificata, ancora oggi, nonostante tutto, dal solo fatto di essere donna, eppure questo semplice, se vogliamo banale, esempio, l’immagine di una donna che cammina da sola di notte, me l’ha messo di fronte così chiaramente.

Per concludere, magari non tutte noi potremo permetterci dall’oggi al domani di abbandonare tutto e metterci a camminare per lande deserte e magnifiche, ma consiglio comunque la lettura di questo libro per riaccendere piccole fiamme che magari pensavamo spente per sempre, come invito per prendere davvero lo zaino ogni tanto e senza pensarci troppo andare e godersi il viaggio, come invito per dare a noi stesse, almeno ogni tanto, il permesso di vivere, un permesso inspiegabilmente difficile e complicato da ottenere.

Il suo bisogno primario non era stringere amicizie o coltivare rapporti familiari, ma dare un senso e un ordine alla sua vita, riparare, ricreare e liberare sé stessa. Per farlo doveva stare in solitudine. E in quella solitudine si sbarazzava del suo passato, dimenticava il futuro ed esisteva solo nel presente, immersa, assorta, padrona di sé

COLAZIONI DA FARE PRIMA DI PARTIRE PER UN’ESCURSIONE

Cosa è bene mangiare a colazione per avere tutta l’energia di cui avremo bisogno? Bisogna fare un pasto sostanzioso e facilmente digeribile e possibilmente non troppo a ridosso dell’inizio della camminata. 

Per prima cosa è necessario idratarsi, una buona idea è quindi partire con una tisana o un tè e della frutta fresca di stagione.

Prima di un’escursione è bene accantonare scorte sufficienti di glicogeno, quindi la colazione deve prevedere anche carboidrati come pane, biscotti e cereali. Un’ottima combinazione di carboidrati, proteine e grassi che rilascia energia a lungo termine può essere costituita da un toast di pane integrale con mezza banana e un cucchiaino di burro d’arachidi. Sempre nella stessa ottica, un’ottima alternativa potrebbe essere il porridge con l’avena.

Una tazza di fiocchi d’avena lasciati a mollo in un dito di acqua calda e conditi con un cucchiaino di miele o sciroppo d’acero e qualche noce ci permetterà di camminare a ritmo sostenuto anche per più di un’ora.

Se invece si preferisce una colazione salata, si potrebbe optare per una piccola porzione di riso integrale condito con un po’ di verdure di stagione, un filo d’olio d’oliva e del seitan. Una colazione a cui soprattutto noi italiani non siamo molto abituati, ma che risulta ricca e bilanciata.

Altrimenti, il classico avocado toast, ottima fonte di grassi “buoni”, che si può accompagnare volendo con un uovo strapazzato. Attenzione perché le uova non sono così facilmente digeribili e potrebbero non essere la scelta giusta se dovete mettervi in cammino subito dopo.

10 libri da leggere a Natale

Eccoci, siamo entrati a pieno regime nell’atmosfera natalizia! C’è qualcosa riguardo a dicembre che mi fa sempre innamorare, una storia d’amore lieve e misteriosa tra me, il freddo, le luci, le camminate vestiti pesanti per le vie di Milano e i dolci di Natale alla cannella. Ciascuno ha i suoi piccoli riti durante le feste, la cosa che personalmente amo fare di più è mettermi addosso un bel maglione extra large, calzettoni comodi e mettermi di fronte al camino a leggere libri, possibilmente che siano in tema Natale, inverno, magia delle feste, grande Nord. Per questa ragione questa volta non ho intenzione di parlarvi di un libro in particolare, ma di proporvi una selezione di dieci libri perfetti da leggere durante il periodo natalizio e che possono diventare anche una bella idea regalo.

  1. IL PASTORE D’ISLANDA, Gunnar Gunnarsson (ed. Iperborea). Questo per me è il libro del Natale per eccellenza, che mi piace rileggere ogni anno. Si tratta di un centinaio di pagine che si possono terminare in un pomeriggio o due. Parla di Benedikt, pastore islandese che ogni anno la prima domenica d’Avvento si mette in cammino per riportare in salvo le pecore disperse sui monti, un modo tutto suo per festeggiare il Natale. In questa sua incredibile sfida contro la maestosità della natura islandese, viene accompagnato dai suoi fedeli amici animali: il cane Leo e il montone Roccia. Una storia semplice diventata parabola universale che si interroga sui valori essenziali dell’uomo e sul suo rapporto con la natura, in Islanda è considerato il vero canto di Natale.
  2. INVERNI LONTANI, Mario Rigoni Stern (ed. Einaudi). Non c’è cielo più bello e azzurro di quello d’inverno, quando c’è il sole, e non c’è sensazione più bella di mettersi in cammino per un sentiero in montagna. Per me leggere Rigoni Stern significa immergersi in quelle atmosfere senza tempo, respirare l’odore dei boschi e ritrovare la pace. Tutti i suoi libri sono simili tra loro nelle tematiche che trattano, ma non stancano mai: vi si condensano i ricordi della guerra, si celebra la sua sensibilità verso la natura e la montagna e racchiudono tutto il fascino di tempi perduti, di serate passate al lume di candela a leggere e a prepararsi al grande freddo. Ho messo due titoli esemplificativi, questo e quello che vedete qui appena sotto.
  3. IL LIBRO DEGLI ANIMALI, Mario Rigoni Stern (ed. Einaudi). Il bosco come universo narrativo e i suoi animali come protagonisti. In questo periodo dell’anno per me i libri di Mario Rigoni Stern sono un must. I racconti racchiusi in questa raccolta rievocano i millenari meccanismi della natura dove il male non è vissuto in maniera angosciosa, ma come necessaria catena di sopravvivenza. Si parla di cani, caprioli, lepri, racconti in cui la luce scende su tutto come una carezza, o una benedizione, e si cammina per i boschi respirando il profumo del legno, degli abeti, senza desiderare niente di più di quello che in quel momento si ha davanti agli occhi.
  4. L’ORATORIO DI NATALE, Göran Tunström (ed. Iperborea). Sì, io a dicembre (e forse non solo) vorrei tanto trasferirmi in un paese scandinavo in mezzo a deserti bianchi di neve e casette di legno, quindi troverete molta Iperborea in questo elenco. L’Oratorio di Natale è una delle più famose e più eseguite composizioni sacre di Bach, in questo romanzo Victor Nordensson, musicista di fama internazionale, torna dopo tanti anni a Sunne, la cittadina di provincia svedese dov’è nato, per dirigere un’orchestra di dilettanti. Questo è lo spunto narrativo per ripercorrere la parabola di tre generazioni diverse della sua famiglia in un lungo flash-back, un viaggio alla ricerca delle sue radici di artista e di uomo, in cui verranno ricordate storie in cui i personaggi devono affrontare grandi dolori, ma non si stancheranno mai di rincorrere la propria felicità.
  5. IL LIBRO DI NATALE, Selma Lagerlöf (ed. Iperborea). I paesi scandinavi pullulano di leggende sul Natale e questo è il libro perfetto se volete immergervi nelle atmosfere dei bui inverni svedesi, quando la famiglia si riunisce intorno al fuoco per raccontare fiabe e storie. La penna di Selma Lagerlöf trasforma il folklore nordico in racconti senza tempo con un linguaggio volutamente semplice che vuole però descrivere tutte le complessità che si nascondono dietro al quotidiano e l’infinita ricchezza della vita. Sono otto racconti il cui filo conduttore è un sentimento religioso molto forte che tende a sfociare in una visione magica dell’intervento divino, in una mescolanza tra cristianesimo e paganesimo tipicamente nord-europea.
  6. UNA PASSEGGIATA D’INVERNO, Henry David Thoreau (ed. La nuova frontiera). Thoreau è citato moltissimo come paladino della fuga dalla città per il buen retiro in campagna, ma letto davvero, pochissimo. Questa edizione impreziosita dalle bellissime illustrazioni di Rocco Lombardi mi sembra un buon motivo per farlo. Thoreau scelse la vita selvaggia ed estrema perché detestava com’era combinata la nostra società e il testo qui proposto va letto in questa chiave ribelle e disobbediente. La sua è una scrittura molto vivida e sensoriale che tratta con brutale sarcasmo la retorica della vita all’aria aperta come svago o moda salutista, quando parla di rigenerazione tramite la Natura, lo intende sul serio. Questo libro è un ottimo modo per immergerci in paesaggi fisici e mentali lontani dalle nostre abitudini.
  7. CANTO DI NATALE, Charles Dickens (ed. BUR) Andiamo proprio nel super commerciale, ma non potevo esimermi dall’inserire Dickens nell’elenco. Anche perché questo, come succede con Thoreau, è un titolo tanto citato, ma chi di voi in fondo l’ha letto davvero? Secondo me non tantissimi. Non mi metto neanche a parlarvi della storia perché tutti conoscono il personaggio di Scrooge, almeno nella versione disneyana interpretato da Paperon de Paperoni :), ma il mio consiglio è quello di leggerlo direttamente dalla penna di Dickens che era un eccellente ritrattista capace di caratterizzare splendidamente i suoi personaggi. Un libro da tenere nella propria biblioteca dei classici.
  8. IL REGALO PIÙ BELLO, autori vari (ed. Einaudi). Un’antologia di grandi autori – e altrettanti classici – per svelare i mille volti della magia del Natale, la festa che più di tutte ha ispirato in ogni tempo voci e storie molto diverse tra loro.

Gli ultimi due libri dell’elenco vorrei dedicarli alla letteratura per bambini e ragazzi. Quando visito una libreria faccio sempre una puntata in questo reparto per sfogliare i libri illustrati, li trovo meravigliosi, e ovviamente ce ne sono tanti anche sul tema Natale, storie che nella loro semplicità non sono mai così scontate e aiutano i bambini fin da subito a costruirsi un’immagine critica del mondo e immagazzinare certi valori etici. Ne metto due che secondo me sono molto carini:

  1. UN MILIONE DI BABBI NATALE, Motai – Maijala (ed. Terre di Mezzo). Cosa è successo quando le persone sulla Terra sono diventate troppe? Be’ anche Babbo Natale si è dovuto fare in quattro, letteralmente, anzi in molti di più! Per garantire che tutti ricevessero i regali sono comparsi un milione di Babbi Natale peccato che però anche la loro dimensione si sia ridotta in proporzione e adesso sono così piccoli che non riescono neanche a trasportare un pacchetto. Per ovviare al problema, decidono di infilarsi nelle orecchie degli adulti e sussurrare loro “Fate un regalo a ogni bambino!”. E gli adulti obbediscono sempre. Una storia molto sagace che mette in gioco la fatidica domanda: ma Babbo Natale esiste davvero?
  2. IL BAMBINO CHE PARTÌ PER IL NORD ALLA RICERCA DI BABBO NATALE, Kim Leine (ed. Iperborea). Il piccolo Andreas vive in Groenlandia e nel tentativo di dimostrare al papà, che proprio non ama il Natale, quanto sia magica questa festa lo trascina con lui a Nord su una slitta trainata dai loro cani alla ricerca di Babbo Natale. Un’avventura che li porterà su e giù per i pendii ghiacciati e che metterà in risalto questo speciale legame padre-figlio.

Bene, che ne dite a questo punto di accompagnare la lettura di tutti questi libri con dei cookies allo zenzero? Questo periodo dell’anno è fatto apposta per infornare biscotti e questa volta ho seguito una ricetta un po’ diversa dai soliti biscottini pan di zenzero, tanto carini eh, ma che di solito vengono piuttosto sottili e secchi. In questa maniera otterrete invece dei cookies dal cuore morbido e soffice, con i bordi leggermente croccanti, all’aroma di zenzero e melassa, che meraviglia! Il gusto è particolare, a me ha fatto fare un tuffo nell’infanzia perché mi ricorda il sapore delle caramelle Mou che mi dava mia nonna. Io non l’ho fatto, ma sarebbero ottimi da decorare con una glassa, intanto vi lascio la ricetta base da cui partire per sperimentare poi le vostre skills decorative. La ricetta originale prevedeva l’uso di uova e burro, io l’ho resa vegetale sostituendo gli ingredienti di origine animale.

INGREDIENTI:

  • 200 g di zucchero bianco
  • 170 g di burro vegetale ammordibito (io ho usato Vallè)
  • 40 g di salsa di mele (al posto di un uovo)
  • 100 g melassa di canna da zucchero (la trovate nei negozi tipo NaturaSì)
  • 280 g di farina 00
  • 2 cucchiaini di bicarbonato di sodio
  • 1/2 cucchiaino di sale
  • 1-2 cucchiaini di zenzero in polvere

Montate con l’aiuto di uno sbattitore elettrico lo zucchero e il burro, aggiungete poi la salsa di mele e la melassa, sempre mescolando incorporate la farina, il bicarbonato, il sale e lo zenzero. Otterrete un composto morbido ma abbastanza denso. Preriscaldate il forno ventilato a 160° e mettete un foglio di carta forno sulla placca. Prendete un cucchiaio e schiaffate sulla carta forno una quantità di impasto un po’ più piccola di una pallina da golf. Non dovete appiattirla, il biscotto prenderà poi da solo la sua forma. Fate cuocere in forno per 10-12 minuti circa, la cottura dipende chiaramente anche dalla grandezza del biscotto, se li tenete più del dovuto rischiate di farli venire troppo secchi. Una volta sfornati date spazio alla vostra fantasia per le decorazioni!