In un certo sono un burger vegano

Quando mi è venuta l’idea di unire cucina vegana e letteratura, stavo leggendo La fine della strada di John Barth e quindi non mi viene in mente un libro migliore da cui partire.

La fine della strada (pubblicato originariamente nel 1958) è uno dei suoi primissimi romanzi, improntato sul tipico realismo americano ma con un twist totalmente barthiano che già ci fa intuire quale sarà il suo stile di scrittura futuro, più barocco e sperimentale: non per nulla viene considerato uno dei padri della letteratura post-moderna, David Foster Wallace stesso scrisse un testo, Verso Occidente l’Impero dirige il suo corso, costruito su alcuni personaggi di Lost in the Funhouse, che è una delle opere più famose di Barth.

Il romanzo parla di un triangolo amoroso davvero sui generis in cui un modesto docente delle superiori, Jacob Horner, in cura presso un dottore specializzato nel trattamento di paraplegici (anche se la paraplegia del protagonista non ha niente a che vedere con il fisico), appena trasferitosi in una nuova cittadina, Wicomico, dove ha preso incarico proprio su consiglio del suo Dottore, si trova a fare amicizia con una coppia del posto, i Morgan, sviluppando delle dinamiche che porteranno alla rovina di tutti e tre i personaggi.

L’incipit è già di per sé una dichiarazione di poetica: “In un certo senso io sono Jacob Horner“. Tutto il testo è infatti costruito intorno al tema della scelta e a come le scelte o non-scelte che noi facciamo contribuiscano a costruire la nostra identità, sebbene questo si riveli molto spesso un gioco dettato dal caso (si vedano le curiose terapie prescritte dal Dottore) o dalla necessità e quindi non davvero una scelta per definizione; mentre in alcuni casi aderire troppo a delle (auto)imposizioni dettate dalla razionalità porti comunque a un impasse in cui anche la ragione stessa mostra le sue mancanze. In effetti, tutto il vero, tragico realismo del romanzo è concentrato negli ultimissimi capitoli dove si sfogano tutte le tensioni e i giochi psicologici sviluppatesi nei capitoli precedenti, che hanno invece un tono decisamente più scanzonato e divertente (su alcune pagine si ride proprio di gusto). Inoltre, sebbene il romanzo si preoccupi di mantenere vivo un senso di verosimiglianza, è denso di riferimenti metanarrativi: riflessioni sulla scrittura e su come la scrittura manipoli e in un certo senso tradisca la realtà.

IL PIATTO DEL LIBRO: Parlando di America anni ’50 in una sperduta cittadina di provincia, parlando di sperimentalismo e, perché no, parlando di questioni legate all’identità, a questo libro assocerei senz’altro un bel burger vegano. Io l’ho fatto con la barbabietola e le lenticchie, è incredibile perché la consistenza del composto che si ottiene è simile al macinato della carne e anche il colore e l’aroma dato dalle spezie utilizzate aiuta ad alimentare quest’illusione.

INGREDIENTI per 3 burger:

  • 1 barbabietola rossa grande, cruda
  • 2-3 cucchiai di olio evo
  • 1 cucchiaino di paprika affumicata
  • 1/2 cucchiaino di cumino macinato
  • 25 g di noci sgusciate
  • 85 g lenticchie cotte (io ho usato quelle in scatola per abbreviare i tempi)
  • prezzemolo tritato con aglio q.b.
  • circa mezza cipolla non molto grande tagliata finemente
  • 30 g farina di mais (o pangrattato)
  • 1 cucchiaio di miso
  • 1/2 cucchiaio di concentrato di pomodoro
  • 1 cucchiaino di amido di mais
  • sale e pepe q.b.

N.B. Come strumenti vi serviranno un mixer/robot da cucina e una grattuggia a maglie larghe. Preparate in anticipo la quantità giusta di ingredienti che vi servono e disponeteli in ordine insieme a tutti gli attrezzi di cucina, renderà molto più armonioso l’intero processo.

PROCEDIMENTO:

  1. Tritare le noci finemente e metterle da parte.
  2. Risciacquare le lenticchie sotto l’acqua corrente per eliminare il sale in eccesso.
  3. Pulire la barbabietola e grattuggiarla.
  4. Farla rosolare in padella per due minuti con un filo di olio e sale; aggiungere poi anche il prezzemolo con aglio, una spruzzata di cumino e la paprika affumicata, fare cuocere ancora per 5 minuti finché la maggior parte del liquido della barbabietola non viene assorbito.
  5. In una bowl, mescolare le barbabietole cotte con la farina di mais, le lenticchie, le noci tritate, il cucchiaio di pasta miso, il concentrato di pomodoro e la cipolla.
  6. Aggiungere infine 1 cucchiaino di amido di mais e una generosa spruzzata di pepe nero, mischiare bene il tutto.
  7. Prendere circa 1/3 del composto e frullarlo in un mixer insieme a un filo d’olio e un cucchiaio di acqua per ottenere una consistenza simile a una purea e unirlo poi nuovamente con il resto del miscuglio più “grezzo” e mescolare.
  8. Formare dei burger se ce l’avete anche con l’aiuto di un coppapasta tondo, con queste quantità dovrebbero venire fuori 3 burger dimensione large.
  9. Passateli in padella con olio a fuoco medio-alto 2 minuti per lato e ripassateli infine in forno a 180° per 20 minuti per renderli ancora più compatti.
  10. Infine create il vostro panino con gli ingredienti che preferite. Io ci ho messo semplicemente un po’ di mayo veg, dei pomodori tagliati a fettine e delle foglie di insalata.

CITAZIONE DAL LIBRO:

[…] Questa è l’essenza che gli avete assegnato, almeno temporaneamente, per i vostri scopi, come un romanziere fa di un uomo Il Bello E Giovane Poeta o Il Vecchio Marito Geloso; e anche se sapete bene che nessun reale essere umano è mai stato soltanto un Servizievole Addetto A Un Distributore Di Benzina o un Bello E Giovane Poeta, siete nondimeno preparati a ignorare le affascinanti complessità del vostro uomo – dovete ignorarle, se volete andare avanti con la storia, o far sì che le cose avvengano secondo il piano prestabilito. Ma di ciò si parlerà più avanti, perché è collegato alla mitoterapia. Per ora basti dire che per gran parte del nostro tempo, se non sempre, siamo tutti dispensatori di ruoli, ed è saggio chi si rende conto che il suo dispensatore ruoli è, nel migliore dei casi, un’arbitraria deformazione della personalità degli attori; ma è anche più saggio chi vede, oltre a ciò, che questo arbitrio è probabilmente inevitabile, e sembra a ogni modo necessario se uno vuole raggiungere il fine che desidera.